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29/1/20

La Sapienza divina nella creazione dell’uomo

Se la potenza e la dolcezza dell’eterna Sapienza hanno tanto rifulso nel creato, nella bellezza e nell’ordine dell’universo, molto più han brillato nella creazione dell’uomo. Questi infatti è il suo meraviglioso capolavoro, la viva immagine della sua bellezza e delle sue perfezioni, l’eletto vaso delle sue grazie, il mirabile tesoro delle sue ricchezze e l’unico suo vicario in terra: «Con la tua Sapienza hai formato l’uomo, perché domini sulle creature fatte da te».

A gloria di questo splendido e potente artefice bisognerebbe qui spiegare la bellezza e l’eccellenza originale che l’uomo ebbe da lei al momento della creazione. Ma l’immenso peccato da lui commesso, le cui tenebre e macchie si riflettono fin su di me, povero figlio d’Eva, mi ha così oscurato la mente che posso parlarne solo con molta imperfezione.

Si può dire ch’ella fece una copia ed una immagine splendente della sua intelligenza, della sua memoria e della sua volontà per donarle all’anima dell’uomo, perché fosse il vivo ritratto della Divinità. Gli accese in cuore la fiamma del puro amore di Dio; gli plasmò un corpo pieno di luce ed in lui racchiuse, come in sintesi, le differenti perfezioni degli angeli, degli animali e delle altre creature.

Nell’uomo tutto era luminoso senza ombre, bello senza brutture, puro senza macchia, regolato senza disordine e senza difetto od imperfezione. Il suo spirito aveva in dote la luce della Sapienza per riconoscere perfettamente il Creatore e le creature. Aveva la grazia di Dio nell’anima per cui era innocente e gradito agli occhi dell’Altissimo. Aveva l’immortalità nel corpo. Aveva nel cuore il puro amore di Dio, esente dal timore della morte, ed amava Dio continuamente, senza negligenze, con amore puro per Dio stesso. Ed infine era tanto divino da essere in ogni momento trasportato al di fuori di sé, rapito in Dio, senza passioni da vincere e nemici da combattere. O generosità dell’eterna Sapienza verso l’uomo! O felice stato d’innocenza dell’uomo!

Ma ecco la più grande delle disgrazie!… L’eletto divino si spezza in mille frantumi, la fulgente stella cade, lo splendente sole si ricopre di fango! L’uomo pecca e, peccando, perde la sapienza, l’innocenza, la bellezza, l’immortalità… perde, insomma, ogni bene ricevuto ed è assalito da una infinità di mali! L’uomo ha lo spirito inebetito ed ottenebrato: non vede più nulla. Il cuore gli si fa di ghiaccio nei confronti di Dio e non lo ama più. La sua anima offuscata dai peccati rassomiglia al demonio. Sorgono sregolate passioni di cui egli perde il controllo. Gli resta la compagnia dei demoni, dei quali diventa abitacolo e schiavo. Le creature si ribellano e gli fan guerra. In un attimo, l’uomo è ridotto a schiavo del demonio, oggetto dell’ira di Dio e vittima dell’inferno. Appare a se stesso tanto brutto che corre a nascondersi. È maledetto e condannato a morte; è scacciato dal paradiso terrestre e perde il suo posto nel cielo. È condannato a condurre una vita grama, priva di ogni speranza di felicità, su di una terra maledetta! E da maledetto dovrà morire e, dopo la morte, andar dannato per sempre nel corpo e nell’anima, come il diavolo. E tutto ciò per sé e per i suoi figli. Tale è la tremenda infelicità in cui l’uomo è caduto con il peccato. Tale è l’equa sentenza pronunciata dalla giustizia di Dio contro di lui.

In simile stato, Adamo è come disperato: non può ricevere aiuto né dagli angeli né dalle creature. Nessuno è capace di rimetterlo in sesto, perché era troppo bello e ben fatto al momento della creazione, troppo repellente e macchiato è ora dopo la colpa. Si vede cacciato dal paradiso e dalla presenza di Dio. Scorge la giustizia di Dio che lo perseguirà in tutta la discendenza. Vede chiudersi il cielo e spalancarsi l’inferno e nessuno capace di riaprirgli il primo e sbarrargli il secondo.

AES II, 35-40