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8/1/2020

Consolazione e tentazione

Quando Dio ti dà una consolazione spirituale, accoglila con gratitudine. Ma comprendi bene che si tratta di un dono che ti viene da Dio, non di qualcosa che risponda a un tuo merito. Per tale dono non devi gonfiarti o esaltarti, né presumere vanamente di te; al contrario, per tale dono, devi farti più umile, più prudente e più timorato in tutte le tue azioni, giacché passerà quel momento e verrà poi la tentazione. Quando poi ti sarà tolta quella consolazione, non disperare subitamente, ma aspetta con umiltà e pazienza di essere visitato dall’alto: Dio può ridarti una consolazione più grande. Non è, questa, cosa nuova né strana, per coloro che conoscono la via di Dio; questo alterno ritmo si ebbe frequentemente nei grandi santi e negli antichi profeti. Ecco la ragione per la quale, mentre la grazia era presso di lui, quello esclamava: «Nella pienezza dissi: così starò in eterno» (Sal 29,7); poi, allontanatasi la grazia, avendo esperimentato la sua interiore condizione, aggiungeva: «togliesti, o Dio, da me la tua faccia e sono pieno di tristezza» (Sal 29,8). Tuttavia quegli frattanto non disperava, ma pregava Iddio più insistentemente, dicendo: «A te, Signore, innalzerò la mia voce, innalzerò la mia preghiera al mio Dio»(Sal 29,9). Ricavava alla fine il frutto della sua orazione, e proclamava di essere stato esaudito, con queste parole: «Il Signore mi udì ed ebbe misericordia di me; il Signore è venuto in mio soccorso» (Sal 29,11). Come? «Mutasti — disse — il mio pianto in gioia, e mi circondasti di letizia» (Sal 29,12). Poiché così avvenne per i grandi santi, noi deboli e poveri, non dobbiamo disperarci, se siamo ora ferventi, ora tiepidi; ché lo spirito viene e se ne parte, a suo piacimento. È per questo che il santo Giobbe diceva: «Lo visiti alla prima luce, ma tosto lo metti alla prova» (Gb 7,18).

IC vol. 2, IX, 2


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